Interrompo il mio silenzio di scrittore (silenzio legato a tanti motivi, alcuni evidenti altri meno. Silenzio di nostalgia ma anche assai sereno) per raccontarvi un fatto mio.
(a chi non interessa: chiudere subito senza arrivare allo esticazzi finale)
Oggi sono andato a pranzo con mia sorella. Io e lei da soli. Per la prima volta. I due figli unici (come ho sempre definito il nostro rapporto, mediato da otto anni di distanza anagrafica) sono diventati, giorno dopo giorno, fratello e sorella. Spero anche amici.
Quarta. Due volte quarta. La meravigliosa notizia del giorno è che mia sorella può scegliere a che specialistica iscriversi. È stata brava e ha superato entrambe le selezioni per titoli. Sta scegliendo psicologia clinica. Dopo tre anni in comune, i nostri percorsi di studio si separano (io ho scelto psicologia della comunicazione. Chissà cosa penserà il nostro papà, professore ad agraria). L’ho portata a mangiare il sushi, come desiderava. Abbiamo fantasticato di un blitz a casa, da mamma e papà che pregiudizialmente dicono che non mangiano giapponese ma – ne siamo sicuri – capitolerebbero. Lo faremo. E poi un gelato per me e un waffle per lei.
Per la laurea le ho regalato cinque giorni di concerti e dj-set (il Club2Club a Torino). Era felice. Ci siamo sentiti tutti i giorni e mi ha raccontato di serate bellissime. Anche io ci sarei andato (la musica è il nostro vero punto di contatto), prima o poi ce la farò. Le ho regalato anche il libro di Lena Dunham, lo scoprirà nelle prossime ore.
Ci siamo raccontati il futuro. Le paure e le speranze. Ci siamo raccontati le cose belle e quelle meno piacevoli. Abbiamo parlato della nostra famiglia, di ciò che funziona (e che amo raccontarvi) e di ciò che funziona meno (che non vi racconto perché abbiamo già così tanti problemi…usare i social network per vomitarne altri è disattendere le più elementari leggi sulla domanda e sull’offerta). Sono stato bene, benissimo. So che può sembrare stupido ma è così.
Ci siamo dati appuntamento al prossimo pranzo. Forse già domani.
Grazie Fra. Quanto può far bene un’ora di normalità.
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