Archivio | febbraio, 2013

Consultazioni

28 Feb

Non aspettatevi troppo dalla fine del mondo.

(Stanisław Jerzy Lec)

Imbarazzi e scelte

27 Feb

Dall’imbarazzo della scelta all’imbarazzo per la scelta, è un attimo.

(Fabio Fortuna)

Governissimo

27 Feb

Il sonno è di destra, il sogno di sinistra… Votate per una lucida insonnia.

(Gesualdo Bufalino)

Scoperto

27 Feb

Chi dice la verità, presto o tardi sarà scoperto.

(Oscar Wilde)

Siamo figli dell’epoca

26 Feb

Siamo figli dell’epoca
l’epoca è politica.
Tutte le tue, nostre, vostre
faccende diurne, notturne,
sono faccende politiche.
Che ti piaccia o no
i tuoi geni hanno un passato politico
la tua pelle una sfumatura politica
i tuoi occhi un aspetto politico.
Ciò di cui parli ha una risonanza
ciò di cui taci ha una valenza
in un modo o nell’altro politica.
Perfino per campi, per boschi
fai passi politici
su uno sfondo politico…
Non devi neppure essere una creatura umana
per acquistare un significato politico
Basta che tu sia petrolio
mangime arricchito o materiale riciclabile.
O anche il tavolo delle trattative, sulla cui forma
si è disputato per mesi
se negoziare sulla vita e la morte
intorno a un tavolo rotondo o quadrato
Intanto la gente moriva,
gli animali crepavano,
le case bruciavano
e i campi inselvatichivano
come nelle epoche remote
e meno politiche.

(Wislawa Szymborska)

Più argomenti

26 Feb

Anche se il timore avrà sempre più argomenti, tu scegli la speranza.

(Seneca)

Fotografia del 26 febbraio 2013 – Errori che spero di non ripetere nella prossima legislatura

26 Feb

(nb. scrivo questo post a prescindere dal risultato finale delle elezioni: sono mesi che volevo scriverlo, ho aspettato la fine della campagna elettorale per rispettare il silenzio da conflitto di interessi)

Durante questa legislatura mi sono impegnato politicamente in prima persona. Bene, ho fallito. Le cose non sono andate come avrei voluto. Politicamente ho perso. Le responsabilità sono multiple, ma non amo cercare alibi. Io ero lì, io ne rispondo.

Ho cercato di avvicinare la mia generazione (nella mia città) alla politica. Ci ho messo la faccia, e forse anche qualcosa di più. Queste persone si sono fidate di me. Mentre fallivo io, fallivano le cose che dicevo, e dunque falliva anche la fiducia in me. Queste persone oggi sono altrove. Non sono più qui, non sono più in Italia. Non sono più dalle parti del centrosinistra. Votano Grillo, o sono ritornati a casa.

Penso quasi ogni giorno a quanto io possa aver deluso tutte loro, e non me ne capacito, sebbene abbia già provato più volte a spiegarmi, e a chiedere scusa. Forse non basteranno mai le parole, forse c’è bisogno di tempo, forse me ne devo fare una ragione. Di sicuro ho perso un sacco di amici, e la stima di un sacco di gente. Ed è ragionevole pensare che serviranno ancora anni, e nuovi banchi di prova per rimettere a posto un po’ di cocci (ammesso che ci sia la voglia di farlo da parte delle persone che si sono sentite prese in giro).

A 24 anni ci sta di essere ingenui. Non ci sta di essere arroganti come lo sono stato io. A 24 anni pensavo di poter cambiare il mondo da solo o quasi, solo perché ero convinto che le buone idee, in quanto tali, vincessero sempre. La vita è molto più complessa. Ho fallito perché la combinazione ingenuità+arroganza è punita, è giustamente punita, soprattutto in politica.

Penso che quando in politica si perde, bisogna lasciare campo libero agli altri. Dimettersi, o almeno saltare un giro. Non scappare, ma restare in seconda o in terza linea. Ecco, se io fossi una persona libera, non parteciperei alle prossime campagne elettorali, soprattutto nella mia terra. Ho perso, avanti gli altri. Ma io non sono una persona del tutto libera, non faccio un lavoro del tutto indipendente da tutto questo, dunque svolgerò il mio compito con la solita dedizione e la solita passione (anzi, forse anche mettendoci qualcosa in più).

Questa riflessione è più recente. Ce n’è un’altra, più antica e sedimentata nel tempo, che dà ulteriore forza a ciò che vi ho appena scritto. In questi mesi, in questi anni, ho letto con interesse ogni addebito che è stato mosso al mio lavoro, al lavoro della mia agenzia, alle mie incrinature caratteriali. Ho letto accuse passibili di querela, analisi sacrosante, punture di spillo. Soprattutto, ho sentito un invito unico, compatto nella sostanza ma assai colorato nelle forme: “fatti i cazzi tuoi”.

Ci sono due modi per dire a una persona di stare alla larga dalla politica.

Il primo è dividere un comune campo di gioco in due parti e costruire la propria narrazione sulla contesa all’avversario interno. In questi anni c’è chi ha fatto politica sostenendo che il leaderismo fosse finito e che i social media non contano un cazzo, che servono i corpi intermedi e le organizzazioni politiche. Nel frattempo, in Puglia, il Movimento5Stelle arrivava sugli stessi numeri del centrosinistra, a sua volta indietro di diversi punti rispetto al centrodestra in una regione che prima del voto non era considerata neanche in bilico.

Sono certo che chi mi ha caldamente invitato a stare alla larga sia consapevole di ciò che dice e di ciò che fa, così come sono certo che chiunque, in questi anni, ha contestato il mio modo di fare politica abbia ricette migliori e più adatte ai tempi e ai luoghi di quelle proposte da me. Insomma, dato che non c’è aiuto peggiore di quello non richiesto, tolgo felicemente il disturbo. Ci sono persone migliori di me, non hanno fatto altro che ripetermelo, e dunque a loro posso affidarmi con fiducia per i prossimi decenni.

Il secondo modo è cercare di imbrigliarti dentro il “siamo tutti uguali”. Un esercizio assai semplice quanto distruttivo. Tutti portiamo in seno contraddizioni, nella vita si cerca di star bene con la coscienza in primo luogo, e in secondo di perseguire il più alto tasso di coerenza col profilo etico: due variabili del tutto soggettive. “Nessuno è del tutto nobile, né del tutto degno, né del tutto coerente” (Herbert George Wells).

Durante la campagna elettorale per le politiche, l’agenzia per cui lavoro è stata chiamata da un cliente in cui non mi riconosco politicamente. Avevo detto in più momenti e luoghi (pubblici) che per me la comunicazione politica funziona solo se è di parte, solo se la fai nella tua parte di mondo, perché è molto difficile “vendere idee” in cui non credi. Continuo fermamente a pensarlo. Sono stato invitato a non mettermi più “al di sopra delle parti”. Trovo l’invito assolutamente pertinente, per due ragioni. La prima è che sono un dipendente di questa agenzia, dunque le decisioni le prende il management e questo di certo non incide né sulle ore di lavoro, né sullo stipendio, entrambi regolati da un contratto che prescinde dalle caratteristiche, Ma può incidere sulla mia libertà personale*.

La seconda è legata al motivo per cui mi è stato dato questo accorato consiglio: in passato mi sono permesso di considerare poco opportuno il passaggio da un lavoro gratuito per una parte a un lavoro retribuito contro quella stessa parte (e nella stessa terra) nel giro di pochi mesi. Ho sbagliato a dire pubblicamente quelle cose e dunque me ne scuso: certe scelte, che sono perfettamente inserite in una logica di mercato e sottoposte alle severe valutazioni dell’opinione pubblica locale, non hanno bisogno di ulteriori sottolineature morali, men che meno da me: si commentano da sole.

Insomma, ammesso che fossi ancora al centro della vita politica della mia città e della mia Regione (mi pare del tutto evidente il contrario), mi ritiro anche formalmente. Mi ritiro perché ho fallito. Mi ritiro perché sono stato accompagnato alla porta dalla futura classe dirigente. Mi ritiro perché la comunicazione politica è incompatibile con la politica attiva. Mi ritiro perché non è giusto che i miei colleghi debbano pagare personalmente le conseguenze di un ego strabordante** come il mio. Chi vuole attaccare me, lo faccia anche pubblicamente. Ha tutti gli strumenti per farlo. Ma lasciate in pace i miei colleghi e lasciate in pace il luogo dove lavoro, per favore.

Mi concedo un solo atto politico. Restare qui. Restare in una città in cui non sono più particolarmente stimato. Restare in una città che non amo più, ma che paradossalmente rende ancora più forte questo mio istinto. Restare in una città del Sud, periferia dell’impero, pur sapendo che andando a Roma o a Milano sarebbe tutto più facile: sarei più stimato, lavorerei meno, lavorerei meglio, guadagnerei di più.

Resto, resto oggi più che mai. Nelle ultime 24 ore ho ricevuto cinque mail dal contenuto pressoché identico: “Tu insisti tanto sul restare: dopo queste elezioni, perché non dovrei andarmene?”. Risponderò a questa domanda scrivendone appena ho un po’ di tempo. In ogni caso le mie parole hanno un peso molto inferiore rispetto alla scelta, l’esempio vale più dell’opinione. Resto, dunque, per rispondere. Resto perché ogni tanto qualche pugliese fuggito via (e anche qualche italiano stabilmente al Nord) mi dice che la mia ostinazione è una fiammella di speranza che resta accesa, e che per loro è importante.

Voglio restare, e voglio evitare tutti gli errori fatti in questi cinque anni. Questo è il mio modesto sogno per la prossima legislatura.

Una cosa mi è stata negata, vivere per gli altri, per far del bene agli altri.

Vorrei vivere senza conflitti, avendo tanti amici,

e ci sono riuscito solo vivendo fuori del mondo. (Carlo Bordini)

* Voglio ringraziare i miei datori di lavoro che in quelle difficilissime 72 ore di bombardamento mi hanno ascoltato, hanno valutato tutte le mie richieste e proposte, e mi hanno lasciato un margine di libertà di coscienza che non è assolutamente ovvio. Proprio in quelle 72 ore ho scoperto di poter fare e di poter non fare delle cose. Ve ne avrei parlato pubblicamente, ma non ce n’è stato il bisogno perché poi lo scenario si è chiarito. Gestirò questa enorme libertà con la massima attenzione, cercando di non abusarne. Voglio inoltre ringraziare quelle due, massimo tre persone su 200, che invece di farmi la domanda sul come sarei riuscito a salvarmi la faccia, mi hanno semplicemente chiesto: “Come stai?”. Non dimenticherò mai.

**Voglio chiedere scusa a tutti, in particolare ai miei colleghi, per le sfarfallate del mio ego. Spero che questo post rappresenti una piccola espiazione. Prometto di lavorarci ogni giorno fino a quando non ne sarò soddisfatto.

Un uccello senza nido

26 Feb

Quando tu riesci a non aver più un ideale, perché osservando la vita sembra un enorme pupazzata, senza nesso, senza spiegazione mai; quando tu non hai più un sentimento, perché sei riuscito a non stimare, a non curare più gli uomini e le cose, e ti manca perciò l’abitudine, che non trovi, e l’occupazione, che sdegni – quando tu, in una parola, vivrai senza la vita, penserai senza un pensiero, sentirai senza cuore – allora tu non saprai che fare: sarai un viandante senza casa, un uccello senza nido.

(Luigi Pirandello)

Mi voglio dimettere

25 Feb

Mi dimetto dal tentativo di essere felice.

(Jack Kerouac)

Fine del silenzio

25 Feb

Il mondo cambia col tuo esempio, non con la tua opinione.

(Paulo Coelho)