Archivio | Maggio, 2017

Fotografia del 31 maggio 2017 – Ne riparliamo a settembre

31 Mag

Oggi ho mandato la prima mail in cui mi pongo interrogativi quasi esistenziali (cose di lavoro, niente di serio) che possono avere risposta solo con l’estate.
Una settimana fa ho mandato una mail in cui mi chiedevo cosa potessi fare di utile per un’attività che si svolgerà nel 2019.

Quando succedono queste cose vuol dire che la mia testa ha scollinato, che sono già con i piedi dentro l’estate.

E l’estate per me vuol dire da sempre una cosa sola: pensare. Farsi delle domande. Cercare delle risposte. Andare al mare e riflettere su cose difficili mentre sto entrando in acqua. Quest’anno ho scollinato prima, anche grazie alla scelta di non fare campagne elettorali (non so se abbiamo fatto bene o male, vi do un segnale debole: un sacco di gente mi ha detto ‘hai la faccia rilassata’).

Per tutte queste ragioni il mio bilancio di fine stagione, quest’anno, arriva due mesi prima delle vacanze, un po’ come la mia Sampdoria che si è salvata troppo in anticipo. So già cosa scriverei fra due mesi, quindi lo scrivo ora. E fra due mesi magari scriverò qualcosa di più intelligente.

Non è stato un anno semplice, devo dire la verità. E dovevo aspettarmelo. Avevo pianificato almeno un anno di silenziosa e faticosa transizione. L’ho voluto, lo sto avendo. Le transizioni silenziose sono faticose, certe volte sono faticose per davvero. “Citte e camine”, si dice a Bari. Zitto e pedala, si direbbe altrove. Stare in quarta fila è giusto ma non sempre è divertente, specie per chi è abituato al palco. Le transizioni sono faticose soprattutto perché sono lunghe. Lente. Le transizioni non sono propriamente fisiologiche per uno che di mestiere corre, si mangia le parole, deve fare una fatica immensa per andare piano.

Mi sono imposto un movimento anaerobico, che va contro l’istinto, contro ciò che i muscoli mi dicono di fare. Ma penso di aver fatto bene ad ascoltare il me razionale che diceva di non ascoltare il me irrazionale (ammesso che esista). Rifiatare era necessario. Dovevo mettere fieno in cascina. Devo finire dei percorsi di consolidamento prima di tutto economico per liberare RAM nel cervello. Spaccare la legna.

Dobbiamo, io e il gruppo di persone con cui condivido le mie giornate lavorative, capire se il nostro processo di crescita è corretto, è acerbo, se stiamo andando nella direzione giusta. Ascoltare. Ascoltarsi.

Voglio emanciparmi, non so neanche bene da cosa, quello rimane l’obiettivo principale. Ma ho capito che la libertà è sorella della disciplina, anche se un’invitante letteratura ti direbbe il contrario. Sudare.

La transizione durerà ancora un anno almeno. Io devo finire il mio percorso, noi dobbiamo continuare a pedalare. Ma nel frattempo il mio cervello sta uscendo dall’anno dell’autopurgatorio e mi sta chiedendo uno scatto in avanti. Mi sta chiedendo di avere già le idee chiare in vista dell’estate del 2018. Mi sta chiedendo di passare il prossimo anno più o meno con la stessa incoscienza che hai quando sei al quinto liceo.

Ecco la novità principale tra l’estate che verrà e le precedenti. Ho chiuso gli ultimi 4-5 anni a dire a me stesso: fa’ che l’anno prossimo sia come quello che è appena finito. Non voglio di più. Continua così. Al massimo riposati. Quest’anno è diverso. Quest’anno è come quando lessi l’autobiografia di Hitchens in pieno agosto. Quest’anno devo capire cosa posso fare in più (lato positivo) o cosa mi manca (lato negativo).

Voglio capire cosa mi farebbe sentire ancora più realizzato.
Voglio capire a chi e a cosa potrei essere utile.
Voglio capire come spendere il mio poco tempo libero. Se è giusto cazzeggiare ancora di più perché lavoro già troppo, o se ha senso svegliarsi alle 5 di mattina per scrivere, o fare delle rinunce di tempo libero per qualcosa a cui tengo e che ho messo da parte, o se ha senso ricominciare a bere il caffè, se ha senso ricominciare a viaggiare come quando ero fuori di casa 100 giorni l’anno (no, quest’ultima direi di no).
Voglio capire se devo fare benissimo poche cose o se farne bene un po’ di più.
Voglio capire dove voglio essere fra 10 anni.
Voglio capire se la libertà è dove la sto cercando io, o se mi sono perso, o se sto proprio sbagliando strada.

Sto leggendo di più.
Sto pensando di più.
Sono meno sicuro delle mie cose.
Riconosco i segnali che il mio cervello fin troppo produttivo mi sta lanciando.

Non ho uno schema di lavoro fisso – infatti il titolo del post dice appunto che mi do del tempo per venirne a capo.

Ma mai come in quest’estate: se pensate di volermi dare dei consigli, o dei cazziatoni, o dei punti di vista, è il momento di farlo.
Se pensate di volermi coinvolgere in qualcosa che preveda un contributo intellettuale (su quello fisico sono abbastanza deficitario), che possa dare un valore aggiunto a chi lo propone e che mi possa far divertire, superate l’idea di “tanto Dino è sempre impegnato” e bussate alla porta.
Se pensate che ci sia qualcosa di nuovo su cui spremere le meningi, mi metto volentieri alla prova.

Per tutto il resto provo a venirne a capo da solo. Con i libri, con il silenzio. Con la solitudine. Con la notte, la mia migliore amica.

p.s. ripensandoci c’è una novità grande, una conquista se volete, che separa luglio 2016 da luglio 2017: ho imparato a vivere alla giornata. Ho imparato a svegliarmi alle 6.45 ogni mattina senza avere uno spartito pronto. Senza sapere cosa succederà, cosa mangerò, chi vedrò, quando partirò. Ho imparato a farlo perché il mondo attorno a me va tutto così. Sembra l’unica regola di vita possibile. Bene, ora che ho imparato sono ancora più certo di quello che pensavo prima: ora che lo so fare, non vedo l’ora di poter fare a meno di vivere alla giornata. Le transizioni servono anche a questo: ad avere la forza per poter volare. Un giorno.

Queste cose le dovete meritare

17 Mag

Voi potete comperare il lavoro di un uomo, la sua esperienza, i suoi consigli, ma non potrete mai comperare l’entusiasmo, l’iniziativa, la devozione del cuore, della mente, dell’animo. Queste cose le dovete meritare con la vostra lealtà verso di lui.

(Platone)

Grandi menti piccole menti

5 Mag

Grandi menti discutono di idee,
menti mediocri discutono di eventi,
piccole menti discutono di persone e di quel che fanno.

(Eleanor Roosevelt)