Archivio | marzo, 2009

#51 (dopo 10 giorni ho un motivo ancora migliore per scrivere qua)

25 Mar

Ho aperto il tuo cartoncino d’auguri in cui vengo dipinto come un Paperino che esce da una torta con un numero imponente e suggestivo, 25.

E ho letto qualcosa di cui avevo bisogno.

Quelle parole parlano di futuro. E io ho molto bisogno di proiettarmi oltre.

Sai quanta fatica io possa fare a scriverti questa cosa pubblicamente, non sono tipo da grandi romanticherie pubbliche, sono un po’ pudìco e un po’ stronzo. E un bel po’ orso.

Anche per questo, anche per mettermi nelle condizioni di sfidare i miei limiti,

grazie.

Angus e Julia Stone – Just a boy

Con permesso, torno a scrivere in privato.

non aggiorno il blog da 10 giorni, ma per lei ne vale la pena

25 Mar

Ovvero, tutto ciò che solo la destra non sarà mai: dialogo.

è successo

15 Mar

Ho scoperto tanto tempo fa che Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman soffrivano di depressione.

Questa scoperta mi ha cambiato la vita.

Mi chiedevo come fosse possibile che i due attori più bravi, affascinanti, ammirati, pagati, richiesti d’Italia fossero depressi. Depressione clinica, non quella con cui ora siamo abituati a confrontarci, quella del “che hai oggi?” “Sono depresso”.

Quando sei depresso le tue relazioni umane più prossime sono fottute. Non hai l’energia per alzarti dal letto, non hai sentimenti, non riesci a farti coinvolgere da nulla.

E’ una roba durissima. E più la durezza è chiara, più la depressione è profonda, più la storia di Gassman e Tognazzi non mi quadrava.

Bè, io non sarò mai nemmeno il 5% di Gassman e Tognazzi, ma credo che dopo questa settimana sia evidente a tutti che EmiLab è un fatto molto grosso, forse più di quanto noi stessi abbiamo consapevolezza. Lo dico perchè c’è gente che viene a studiarci, a conoscerci. Gente di successo, gente che non ha bisogno di noi per avere una vita di successo.

Ma che evidentemente ha fiutato qualcosa. L’alba di una nuova classe dirigente, una buona idea organizzativa, un uso scientifico dei social network, nuove leve politiche, qualcuno a cui vendere (illudersi di vendere, meglio), qualcosa.

Così come Emilab, sale la mia popolarità (non ho detto stima, ho detto popolarità). Sempre più persone ci conoscono, sanno che io sono Dino Amenduni, sanno che ho quelle idee, quegli orari di lavoro, quelle abitudini alimentari, quella pizza. Che sono simpatico, antipatico, disponibile, un clamoroso stronzo, un arrivista e un sognatore. Uno sottopagato, uno con lo stipendio altissimo, uno che fa politica, uno che non è politico, un professionista, un inesperto. Un comunista, un fascista, uno figo, uno sfigato.

La popolarità (e non necessariamente la stima) è un indicatore di successo. Ecco, Dino Amenduni sta avendo successo nelle cose che fa. Come Tognazzi e Gassman, che forse avevano più stima addosso rispetto a me. Ancora più stima. Ma che non li ha salvati dalla depressione.

Perchè erano depressi? Semplice, perchè il successo, la popolarità, la stima, hanno svuotato la loro identità. Non potevano più essere Ugo e Vittorio, erano l’attore Ugo Tognazzi e l’attore Vittorio Gassman. Vivi finchè attori.

Poi, a casa loro, nel loro letto, si saranno sentiti nullità. Nessuno. Incapaci di aver prodotto una relazione umana pura. Consapevoli che tutti coloro che interagivano con loro non interagivano con la persona, ma con l’etichetta.

Questa scoperta mi cambierà la vita. Perchè ci sarà un livello di successo che non mi supererà mai, perchè il potere, la gloria, i soldi non mi rovineranno il cervello e la vita.

Perchè preferirò una vita modesta, senza eccessi, senza fretta, senza prendere tutto, senza mangiarmi il tempo che ho. Preferirò prendermi cura delle poche persone che se lo meritano. Proverò ad essere un bravo fidanzato, a prendermi cura di Maru. Cercherò di essere un amico affidabile, un collega di lavoro non assetato di status.

Forse non esploderò mai.

Ma sarò felice.

sbilancio della settimana

9 Mar

Titolo alternativo: bi-lancio della settimana

E sì, perchè lo scorso appuntamento settimanale l’ho saltato. L’ho saltato perchè mi sono ritrovato al martedì; ancora dovevo parlare della settimana precedente ed ero già infognato con la successiva.

O forse perchè gli ultimi 14 giorni dovevano essere vissuti come un blocco unico.

Passi da essere messo in mezzo su un forum perchè qualcuno, non si sa bene perchè, se per farsi bello (e contemporaneamente, perchè no, mostrare la sua cattiveria), o per ingenuità, rischia di mettere a repentaglio carriera mia e rapporti altrui, ad aver commosso tante persone, solo con un’idea e con il feroce lavoro quotidiano perchè sia vera, tangibile.

Passi dall’essere oggetto di scherno da parte di chi, probabilmente, non ha avuto quello che pensava di meritare e allora è meglio dare del venduto a chi, invece, prova a farcela senza lamentarsi del successo altrui nè biasimando l’insuccesso, a trovare di colpo il senso di tante tue scelte, in generale dei bivi presi, delle strade lasciate, di alcuni no inspiegabili solo apparentemente.

In ogni caso ho messo su il vaccino rapidamente. Quando parlano di te senza conoscerti, bene o male, poco importa, ti rendi conto che in ogni caso salirai sul cazzo a qualcuno senza motivo, o la gente ti vorrà bene (?), sempre senza motivo. E allorà converrà imparare a fottersene molto rapidamente, seppur con il massimo rispetto di tutte le opinioni dissenzienti dalla propria. E mi sono buttato a capofitto sul Giorno.

Il 6 marzo non ce lo leva nessuno.

Non ce lo leverà chi vuole utilizzarlo per tornaconto politico proprio. Chissà quanti diranno che “Emilab l’ho inventato io”. Chissà quanti, invece, mi attribuiranno il ruolo che ho.

Non ce lo leverà chi proverà a metterci dentro beghe personali, o come trampolino per attaccare Emiliano.

Non ce lo toglierà chi vorrebbe essere con noi, ma forse voleva essere chiamato in carta bollata, quando basterebbe presentarsi qua con un filo di umiltà, e sarebbe accolto come un re. Perchè qua stiamo facendo il bene di Bari, prima che il bene di Dino.

Nessuno potrà minimizzare le emozioni di tutti quelli che hanno deciso che a Bari bisogna dare una possibilità, in culo a chi dice che falliremo, che senza un consigliere comunale non siamo nessuno, che alla fine falliremo la battaglia della rappresentanza.

Chi parla senza sapere non merita molto tempo da parte di chi prova a voler bene proprio a quelle persone che parlano senza sapere.

Ma ora viene il bello. Il difficile.

La cosa più complicata, ve lo garantisco, è posare il giocattolo e lasciarlo a chi ne è ora proprietario. Smettere di fare il “boss” (qui c’è una campagna elettorale da vincere, mi perdonerete se per tre mesi mi preoccuperò anche di questo) e imparare a fidarsi ciecamente di chi ci ha messo l’entusiasmo, la testa, il cuore.

Di chi sembrava pronto, ma pronto da sempre. Di chi si aspettava una chiamata, ma senza tessere di partito, senza promesse, senza sognare senza basi. Perchè di quel mondo siamo stanchi un po’ tutti. Di quel mondo in cui la gente ti chiama quasi sempre perchè ha qualcosa da venderti, un favore da chiederti, una solitudine, spesso celata male e celata con rabbia e ansia, da placare.

Ora viene il difficile perchè abbiamo 149 aspettative individuali da intrecciare, da soddisfare. Paure da lenire. Emozioni da condividere, lavoro di gruppo da fare, denti da stringere e da far stringere, cattiverie da schivare, invidie da interpretare, ammirazione smodata da gestire.

Ora viene il difficile perchè ora il futuro non ha un nome e un cognome sicuro, non ha tappe prefissate (se non quelle dei singoli obiettivi da raggiungere). Ora, come non mai, il futuro siamo noi. E questa non è retorica, perchè qui ci sono delle fottute basi metodologiche, teoriche, pratiche, che nessuno mi riconoscerà mai.

Perchè io faccio politica da 30 anni

Perchè tu non hai esperienza

Perchè Emiliano, alla fine, è del PD e ti vuole fottere

Dite pure, fate pure, non avete ancora capito che questo gruppo nasce per bastarsi. Lavora per stare insieme. E basta.

Chiudo questo sfogo romantico rivolgendomi a tutti quelli che, ogni giorno, decidono di lasciare Bari perchè qui non c’è un cazzo da fare, non c’è lavoro, non ci sono prospettive.

E adesso cosa dite? E’ colpa di Bari, o della vostra incapacità di mettervi in gioco?

p.s. ok tutto, ok Bari rivoluzionata da un colpo di testa. Ma in questo momento la mia serata andrà meglio a causa di un SMS. Rassicurante. Scusatemi se ogni tanto uso il blog per farmi i cazzi miei.

Intelligent Dance Music

9 Mar

Squarepusher – my red hot car

Perchè il porno non tira più (la mia sul 2.0, per Coolclub)

1 Mar

Semplice: il porno non tira più perché c’è YouPorn.

In realtà questa sacrosanta analisi è solo l’evidenza di un fenomeno dalla complessità inimmaginabile, soprattutto per chi la determina, ovvero gli utenti della rete, gli stakanovisti di Facebook, i taggatori a tradimento. Ogni click, ogni scelta, ogni “mi piace”, ogni commento, ogni link (la vera moneta di scambio della nostra era) determina una trasmissione di autorevolezza. Se 10 persone inseriscono un link sul proprio blog, sarà più facile trovarlo su Google, che vive proprio di questo principio. Se tra quelle 10 persone c’è un opinion leader, una persona ritenuta autorevole dall’opinione pubblica, quel link assumerà un peso ben più grande.

Sarà dunque più autorevole. Questo continuo e solo apparentemente disordinato scambiarsi l’autorevolezza, il determinare socialmente il valore di un pensiero, di un prodotto, di un bene e di un servizio su Internet ridisegna il mondo  e manda al tappeto ogni teoria di marketing consolidata. Negli Stati Uniti questo meccanismo è stato analizzato e reso teoria economica che pian piano sta diventando paradigma anche per i pochissimi addetti ai lavori italiani (se ve lo racconto, un motivo ci sarà): è la teoria della “Coda Lunga” (illustrata in un libro omonimo anche nel nostro paese – il sito ufficiale è http://www.longtail.com), scritta nel 2004 da Chris Anderson, direttore di Wired, mensile su “persone e tecnologie che stanno cambiando il mondo”, così come cita il roboante sito italiano (www.wired.it),  che lancia la versione italiana di questa bibbia degli smanettoni. Secondo questa teoria, adatta a spiegare soprattutto l’utilizzo di beni immateriali sulla Rete, sono gli utenti a stabilire se un prodotto è buono, e a determinare il successo dei mercati di qualsiasi forma e dimensione.

Se fino a 5 anni fa dovevo spendere una fortuna per un manga giapponese, adesso posso spulciare tra siti e forum nipponici e andare a pescare ciò che preferisco. Il mercato si trasforma da promotore di “hit”, in cui pochi prodotti adeguatamente drogati da una strategia di distribuzione e comunicazione giungono al consumatore che deve scegliere tra poche alternative,  a promotore di nicchie, in cui esistono milioni di micromercati che prima dell’avvento di Internet e del web 2.0 non avevano ragione di esistere perché non avevano un’economia sostenibile e che adesso, a causa del costo nullo dell’interazione produttore-consumatore (una dicotomia oramai superata: oggi si parla di prosumer, perché tutti pubblichiamo video su Youtube, oltre a guardarli) producono guadagni minimi ma costanti per chi produce e gratificazione massima per chi consuma, perché può scegliere esattamente ciò che vuole.

La teoria della coda lunga trova proprio in questo la sua massima ispirazione, poichè dimostra che le economie generate dai milioni di nicchie è superiore da quelle generate da poche hit milionarie. Di conseguenza, un mondo senza hit non solo è migliore, ma è anche più redditizio.

A questa rivoluzione nemmeno troppo silenziosa non si sono rivelati pronti due corporazioni su tutte: quella musicale, e quella, appunto, del porno. Superato (con Youtube, Myspace, YouPorn) il sottile confine tra la legalità e l’illegalità nella fruizione di brani e di donnine accalorate, e mandato a quel paese il senso di colpa, l’utente della Rete può impunemente scegliere ciò che davvero preferisce, e farlo a costo zero. Non esistono più motivazioni reali per l’acquisto di questo genere di beni. Le grandi multinazionali sono corse ai ripari con video e canali “ufficiali” di altissima qualità, studiati a tavolino, che tentano di imitare la gioiosa autodeterminazione degli utenti con risultati ancora tutti da dimostrare. E così su Youtube vediamo più video musicali, e su Youporn più spezzoni di film porno e meno casalinghe alle prese con l’idraulico.

Il prossimo salto concettuale? Difficile, difficilissimo: pensare ai beni immateriali non più come un prodotto, ma come un servizio. Il brano non è più un’espressione artistica, ma una componente di un immaginario fatto di merchandising, concerti, storie, relazioni con i fan.

E qui mi fermo, perché so che rischio il linciaggio. Al prossimo numero.

SIA – dalle origini ai giorni nostri

1 Mar

SIA vs. Different Gear = Drink to get drunk (2001)

Zero 7 + SIA = Destiny (2001)

Zero 7+ SIA = Distractions (2004)

Sia vs. Mylo = Breathe me (2006)

Dammi una spinta – marzo

1 Mar

Joe Barbieri – Fammi tremare i polsi: “waglione” di Pino Daniele, napoletano anche lui, nuova proposta a Sanremo 15 anni fa, produttore dei Kantango (i Gotan Project del Vomero) e di Patrizia Laquidara. E ora, finalmente Joe Barbieri. Dopo 5 anni di silenzio ha fulminato il pubblico jazz con il primo singolo tratto da “Maison Maravilha”, album in cui spicca la collaborazione della cubana Omara Portuondo, che lo accompagnerà in concerti in tutto il mondo. Vai e torna vincitore.

Royksopp – Happy up here: il primo caso di autoplagio della storia della musica? In verità molti artisti hanno fatto successo con la ripetizione della stessa soluzione ritmica, con i soliti due o tre accordi è stata costruita la storia del punk. Ma qui non si riesce a capire se è comodità o genio. I Royksopp, duo norvegese pronto a dare alle stampe la coppia di album Junior (2009)-Senior (2010), partono questo ipotetico percorso di invecchiamento andando a ripescare dal loro primo singolo, quella “Eple” che fece impazzire gli addetti ai lavori prima che l’orso Leno chiarisse definitivamente le loro intenzioni: conquistare il mondo, non solo la pista da ballo.

The pains of being pure at heart – Everything with you: direttamente dal 1969, I “tormenti di essere puri di cuore”, dopo un ep autoprodotto nel 2007 e una gavetta decisamente inusuale, visti i tempi (“sei bravo? Fai un brano, vendi poco e ti bruciamo”), trovano un etichetta anglosassone disposta a scommettere su di loro, newyorchesi nudi e crudi. Speriamo che la gavetta abbia portato bene e che i tempi lunghi, come il vino buono, dicano bene. Una piccola primizia noise-pop che pur tradendo un’eredità gigantesca rispetto ai suoni di 40 anni fa, merita di essere inserita nel novero delle novità.

Beirut – Nantes: non è una partita di coppa UEFA, è solo una singolare coincidenza tra il nome del collettivo guidato dall’americano di Santa Fè Zach Condon che, accompagnato da 9 strumentisti, sta realizzando lavori sensazionali. Da un nome libanese a una canzone dedicata alla città atlantica della Francia. Volendo sforzarsi di trovare dei motivi, potremmo pensare ad Amelie, ma in realtà qui c’è qualcosa in più. C’è la fusione di suoni antichi e nuovi, c’è un sapore rètro e contemporaneamente la profonda attualità multiculturale impersonata da un kletzmer-pop israelo-americano che dovrebbe appartenere ad “Avanti Pop”. Ma ci tocca aspettare tempi migliori.

Sia – soon we’ll be found: nella categoria “inspiegabilmente sottovalutati” non può non apparire l’australiana Sia Furler, nota al grande (?) pubblico per essere stata la cantante degli Zero 7 dei tempi migliori, quelli di “Destiny”. Al secondo album solista gioca l’asso con un brano semplice e abbastanza di maniera, che però le permette di far partire l’ugola. A scanso di equivoci, di quelli equivoci, purtroppo tipici della musica contemporanea, che impediscono alle voci dei gruppi vicini all’elettronica di avere un’identità musicale propria e riconosciuta.