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Dammi una spinta – gennaio

31 Gen

The Shoes –  stay the same

Provate a cercarli su Internet, non si trovano. Questi The Shoes hanno bisogno di qualcosa di ben più energico di una spinta. Andate su Youtube, c’è una sola versione, live, del tutto fedele all’originale. Le scarpe gireranno l’Europa armati di questo meraviglioso singolo d’esordio, partendo da Reims, Francia. Un indie pop di ceppo Air, con un sacco di suggestioni britanniche. Quando Francia e Inghilterra vanno d’accordo, vincono le guerre.

Adele – rolling out the deep

Non è la prima volta che leggete di Adele su queste pagine. Scrivo da oramai 5 anni su Coolclub, ho scritto tante recensioni e tante rubriche e ho messo un solo 10 in pagella, al suo 19, album d’esordio scritto proprio a 19 anni dall’unica vera rivale di Amy Winehouse nella scena della musica soul contemporanea. Ora siamo a 21, come il nome dell’attesissimo seguito che sarà pubblicato il 24 gennaio 2011. Come scrivono su Youtube, “se l’album è bello la metà di questo singolo, sarà un capolavoro”. Non mi sento proprio di dissentire.

Chromeo feat. Elly Jackson – hot mess

I Chromeo sono matti. Guardate il video di Hot Mess, primo singolo della loro nuova fatica, “Business Casual”. Un delirio che nemmeno gli Ok Go. Se però preferirete la cinestetica, dovrete sapere che rinuncerete alla versione dodici pollici con la voce, oramai inconfondibile, di Elly Jackson, ovvero La Roux, che ha però annunciato di aver chiuso con l’electro-pop. Da un lato c’è da essere felici e curiosi dello sbarco verso nuovi lidi, dall’altro ci si chiede come possa lasciare un’avventura che la vede sguazzare liberamente tra remix e comparsate.

Cassius – i love you so

La Francia non è solo quello che leggete nella rubrica Avanti Pop, è anche Cassius. Il nuovo singolo è quanto di più inatteso ci potesse essere da un duo che ha sempre amato divertirsi. Sembra che abbiano imparato la lezione britannica del dubstep aggiungendo un loro inconfondibile tocco. Escono con Ed Banger, e questo per molti è già una garanzia. Escono con un EP, “The Rawkers”, anche perché erano impegnati a produrre l’album di cui vi ho parlato nella canzone precedente, Chromeo. Neanche a farlo apposta.

Crystal Castles – i’m not in love (feat. Robert Smith)

Il perennemente entusiasta autore di queste rubriche non si è mai lasciato sedurre dai Crystal Castles, amatissimi invece nel mondo alternativo italiano. Un pezzo con la voce di Robert Smith dei Cure non aumentava le mie aspettative, anzi. E invece è un piacere dire che certi pregiudizi crollano molto facilmente e molto gradevolmente. Non cambieranno la storia della musica, però questo ritornello, pieno di sfumature progressive, ce lo ricorderemo a lungo.

Dammi una spinta – giugno

31 Mag

Deadmau5 – I remember (Caspa remix): Joel Zimmerman, nato dalle parti delle Cascate del Niagara, sta rapidamente mettendosi in mostra all’interno del panorama della club culture grazie ad alcuni azzeccati remix. In questo caso è il suo brano, “I remember”, un piccolo bignami per amanti della dance ibizenca della metà degli anni ’90, a metà tra gli Chicane e i primi Faithless, ad essere remixato con estrema abilità e con una chiave di lettura abbastanza ardita da Caspa, che con Rusko forma una delle coppie più interessanti della scena musicale britannica. A loro il merito di aver trasformato qualsiasi cosa secondo il loro credo, il dubstep. Un genere oramai non più di (assoluta) nicchia. Un po’ come la dance ibizenca anni ’90, che in pochi (me compreso) rimpiangono.

La Roux – bulletproof: qui siamo davanti a un fenomeno. Già citato in precedenza (oramai appuntamento fisso di queste rubriche), il duo composto da una straordinaria Elly Jackson e da Ben Langmaid, perennemente dietro le quinte, riesce a non sbagliarne una. Merito di un gusto un po’ particolare per la citazione anni ’80, farcita di punk non tanto nei suoni quanto nella sfrontatezza della cantante che riesce a farsi voler bene pur essendo sempre al limite dell’urlo e della stonatura. E quando un gruppo ti prende così bene in giro, con melodie di sicuro impatto, non puoi non lasciar perdere la purezza dei suoni e farti prendere in giro con il sorriso.

Florence and the Machine – Rabbit heart: come sopra: fenomeni. La Roux è già un’icona in divenire, Florence Welch e il suo quartetto aspettano pazienti l’uscita del loro primo album, “Lungs”, previsto per luglio, sfornando singoli di altissima qualità. Difficile trovare una categoria in cui inserire questa band dal nome bizzarro. Piuttosto appare utile sottolineare la perfetta quadratura del cerchio tra la voce molto poco pulita ma molto efficace della cantante e l’orchestrazione meravigliosa tessuta attorno a lei. Da vedere dal vivo, per sciogliere le ben poche riserve possibili che tanta bellezza in studio può ragionevolmente generare.

Phoenix – Lizstomania: prendi un titolo strano per il tuo quinto album, “Wolfgang Amadeus Phoenix”; scatena la curiosità tra i tuoi fan (che è? Megalomania? Musica classica? Creatività a tutti I costi?), poi decidi di chiamare “LIzstomania” il primo singolo estratto da Wolfgang, in onore alle spropositate reazioni, soprattutto femminili, che seguivano le performance al piano di Franz Lizst. E continui a non capire se ti stanno prendendo per il culo, o cosa. A quel punto decidi di smetterla con la dietrologia ed iniziare ad ascoltare e trovi lì i soliti Phoenix. Pop puro, à la Belle and Sebastian più che alla Britney per questo gruppo francese che sette anni dopo “If i have feel better” è dopo essere un po’ spariti dalle scene, stanno tornando alla grande. Così alla grande che i Phoenix sono il gruppo più “bloggato”, in barba a chi ha ispirato album e singolo, non proprio star del web 2.0: Mozart e Lizst.

Friendly Fires – in the hospital: questo brano è il degno “last but not least” di queste due rubriche.  Un po’ di dance misto a shoegazing; chitarre distorte e percussioni, pop e rock, psichedelia e facile ascolto. Tutto questo in un brano solo. I Friendly Fires, del tutto sconosciuti nel nostro paese, vantano citazioni in videogiochi (Gran Turismo 5, se mai uscirà) e in serie tv (Gossip Girl), sono in corsa per premi dance ed indie, sono arrivati anche primi in Inghilterra. Il dono della sintesi, a volte, si nasconde nei posti più impensabili.

Dammi una spinta – maggio

2 Mag

Oi Va Voi – everytime: band inglese, origini israeliane, terzo disco auto-prodotto (ed etichetta discografica propria, un dato interessante per una band policulturale sin dalla sua ragione sociale), video girato da due ragazzi polacchi. KT Tunstall, cantante della prima ora, si è oramai messa in proprio. “Everytime” è forse il brano più radio-friendly di questo collettivo che prova a fare il grande salto di qualità. E noi, nel nostro piccolo, diamo la spinta.


Bjork – Nattura: pazza Islanda. Crisi economica profondissima, un primo ministro omosessuale, un rapporto tra abitanti (300mila) e qualità della produzione musicale che non ha eguali nel mondo. I loro abitanti ritengono che la loro terra sia la più bella del mondo. Bellissima. Così tanto che ai primi segnali di crisi ambientale i Sigùr Ros hanno chiamato Bjork e hanno deciso di realizzare un documentario per raccontare i rischi del riscaldamento globale e dell’inquinamento. E’ seguita una spaventosa produzione artistica. Ed è spuntato questo brano fuori di testa. Collaborazione di Thom Yorke, remix di Switch. Pazza Islanda.


Camera Obscura – French Navy: una piccola gemma di questa band scozzese che ha all’attivo 13 anni di età e nessun brano degno di nota. Ora sono spuntati sulle pagine dei giornali inglesi con il quarto album, “My Maudlin Career” che sembra fatto apposta per colmare quel vuoto che i Belle and Sebastian, scozzesi anche loro, hanno forse lasciato nel cuore dei fans. A noi non resta che fare un percorso a ritroso e scoprire questa band che, proprio come i più famosi cloni, riesce a creare atmosfere dolci e sognanti in un posto come la Scozia, che ispira tutt’altri immaginari al sapore di luppolo. Chissà, forse le cose da qualche parte si ricongiungono.


Bombay Bicycle Club – Always like this: cercando disperatamente informazioni su Internet su questa band che può stare simpatica anche solo per il suo nome, finisco su Google Maps e scopro che il Club della Bicicletta di Bombay esiste veramente. Dopo essermi fermato a sorridere, continuo a cercare e scopro che dopo 4 anni di vita, questo quartetto londinese si concederà l’ebbrezza del primo album. Ed era anche ora: “Always like this” è a prova di testa che si muove in tutte le sale da ballo e gli uffici in cui proverete a farla suonare.


Marmaduke duke – Rubber Lover
: sono un duo di rock concettuale, dicono. La definizione è forse più concettuale dell’etichetta, quindi preferisco concentrarmi su questo esperimento. Scozzesi come i Camera Obscura, solari come loro (si infittisce il mistero sullo speciale ingrediente che si può respirare nell’aria di Glasgow), sono già nella top ten inglese quindi la spintarella potrà apparire un po’ pleonastica. Al più è una succosa anticipazione di un successo che, ad occhio e croce, non andrà oltre questo singolo. Maledetto rock concettuale.

dammi una spinta – aprile

4 Apr

La Roux – in for the kill (Skream rmx) : era il 2 gennaio 2009 e NME già si affrettava nel parlare di sicura prossima star raccontando di La Roux, duo composto da Elly Jackson e Ben Langmaid, il quale ha gentilmente prestato il palco a Skream, uno dei 3 o 4 carbonari che hanno messo su il dubstep, l’unico elemento di discontinuità che la musica mondiale ha saputo proporre a se stessa negli ultimi 2 anni. La Roux continua a non entrare nemmeno nella top 10 in Inghilterra, in Italia sarà molto difficile sentirla, ma qui c’era chi ci aveva visto giusto: qui sforiamo il capolavoro postmoderno.


Bjork feat. Antony and the Johnsons – dull flame of desire (modeselektor rmx): non è tanto la trasformazione di Bjork, l’ennesima, per certi versi anche meno estrema di alcune sue invenzioni indigene (e quando dico indigene dico indigene: ve lo ricordate il video di “Triumph of the Heart? Baciava il suo gatto dopo che un pub di Reykjavik si scatenava una jam session), quanto la trasfigurazione di Antony, uno dei pochissimi artisti che può vantare la personalità necessaria per mettersi a duettare con sua maestà. Il remix, molto meno elegante dei padroni di casa rende questo improbabile duetto ancora più etereo, ancora più eclettico, ancora più incredibilmente ipnotico. Ed ancora più improbabile.


Royksopp feat. Robyn – The girl and the robot: il mese prossimo denunciammo il primo caso di autoplagio proprio da queste righe, proprio al posto due di questa rubrica. Oggi dobbiamo denunciare l’autoplagio di chi scrive, perché non era mai capitato di citare gli stessi artisti per due mesi consecutivi. Ma i Royksopp hanno deciso di boicottare il primo singolo e partire con il battage sfruttando furbamente la collaborazione con Robyn, un fattore aggiunto per raggiungere il successo, almeno da Berlino in su. Il pezzo è sinceramente meno bello del precedente “Happy up Here” ma è ruffiano all’impossibile. E allora diamo una spinta ai norvegesi, anche se in questo caso forse non ne avevano tanto bisogno.


Yeah Yeah Yeahs – Zero: Karen O sembra Cyndi Lauper. Detto questo, e sapendo di averla sparata abbastanza grossa, ci ritroviamo davanti al pezzo più commerciale della band indie di New York. Di indie si fa sinceramente fatica a parlare in questo caso, a meno non si voglia ricercare una vena “à la Franz Ferdinand”, in cui la ricerca del suono più facile rappresenta più una sfida alla propria essenza che la ricerca della via comoda. Non sono passati poi tanti anni da quella bordata da 2 minuti e 3 secondi che era “Pin”, ma a parte l’enorme carisma della cantante non c’è nessun punto di contatto. E non per tutti è un male.


Agnese Manganaro – mille petali: e così abbiamo piazzato un salentino per rubrica. Qualcosa vorrà pur dire. Anche in questo caso giochiamo in casa, spudoratamente, ma si tratta semplicemente di seguire le intuizioni della Irma Records, di aprire gli occhi e le orecchie, di percepire che abbiamo un piccolo fenomeno in casa e che se ne stanno accorgendo gli addetti ai lavori. Almeno loro. Rendere una star Agnese è una questione di senso di responsabilità nei confronti di un pubblico che ha un disperato bisogno di grandissime voci italiane.

www.myspace.com/agnesemanganaro

Dammi una spinta – marzo

1 Mar

Joe Barbieri – Fammi tremare i polsi: “waglione” di Pino Daniele, napoletano anche lui, nuova proposta a Sanremo 15 anni fa, produttore dei Kantango (i Gotan Project del Vomero) e di Patrizia Laquidara. E ora, finalmente Joe Barbieri. Dopo 5 anni di silenzio ha fulminato il pubblico jazz con il primo singolo tratto da “Maison Maravilha”, album in cui spicca la collaborazione della cubana Omara Portuondo, che lo accompagnerà in concerti in tutto il mondo. Vai e torna vincitore.

Royksopp – Happy up here: il primo caso di autoplagio della storia della musica? In verità molti artisti hanno fatto successo con la ripetizione della stessa soluzione ritmica, con i soliti due o tre accordi è stata costruita la storia del punk. Ma qui non si riesce a capire se è comodità o genio. I Royksopp, duo norvegese pronto a dare alle stampe la coppia di album Junior (2009)-Senior (2010), partono questo ipotetico percorso di invecchiamento andando a ripescare dal loro primo singolo, quella “Eple” che fece impazzire gli addetti ai lavori prima che l’orso Leno chiarisse definitivamente le loro intenzioni: conquistare il mondo, non solo la pista da ballo.

The pains of being pure at heart – Everything with you: direttamente dal 1969, I “tormenti di essere puri di cuore”, dopo un ep autoprodotto nel 2007 e una gavetta decisamente inusuale, visti i tempi (“sei bravo? Fai un brano, vendi poco e ti bruciamo”), trovano un etichetta anglosassone disposta a scommettere su di loro, newyorchesi nudi e crudi. Speriamo che la gavetta abbia portato bene e che i tempi lunghi, come il vino buono, dicano bene. Una piccola primizia noise-pop che pur tradendo un’eredità gigantesca rispetto ai suoni di 40 anni fa, merita di essere inserita nel novero delle novità.

Beirut – Nantes: non è una partita di coppa UEFA, è solo una singolare coincidenza tra il nome del collettivo guidato dall’americano di Santa Fè Zach Condon che, accompagnato da 9 strumentisti, sta realizzando lavori sensazionali. Da un nome libanese a una canzone dedicata alla città atlantica della Francia. Volendo sforzarsi di trovare dei motivi, potremmo pensare ad Amelie, ma in realtà qui c’è qualcosa in più. C’è la fusione di suoni antichi e nuovi, c’è un sapore rètro e contemporaneamente la profonda attualità multiculturale impersonata da un kletzmer-pop israelo-americano che dovrebbe appartenere ad “Avanti Pop”. Ma ci tocca aspettare tempi migliori.

Sia – soon we’ll be found: nella categoria “inspiegabilmente sottovalutati” non può non apparire l’australiana Sia Furler, nota al grande (?) pubblico per essere stata la cantante degli Zero 7 dei tempi migliori, quelli di “Destiny”. Al secondo album solista gioca l’asso con un brano semplice e abbastanza di maniera, che però le permette di far partire l’ugola. A scanso di equivoci, di quelli equivoci, purtroppo tipici della musica contemporanea, che impediscono alle voci dei gruppi vicini all’elettronica di avere un’identità musicale propria e riconosciuta.