Archivio | luglio, 2009

top five – l’Indie colonizza l’Inghilterra (e non solo)

29 Lug

Bloc Party – One more chance

Erano destinati a diventare un gruppo indie come tanti. Come moltissimi aveva fatto il botto con il singolo di lancio, sembrava destinato al solito giro di giostra lungo 12, al massimo 24 mesi, ovvero il ciclo di vita di una marea di band passate fin troppo rapidamente dalle prime pagine dei giornali al dimenticatoio. Ma i Bloc Party di Kele Okereke (per intenderci, il cantante di “Believe” dei Chemical Brothers) hanno deciso di mandar giù un elisir di lunga vita con questa “One more chance”. Il trucco? Abbandonare l’indie in favore di tastiere facili e di un bel quattro quarti. Mistero fitto sul nuovo album lanciato proprio da questo singolo comparso dal nulla. Sarà il canto del cigno o un’altra possibilità, come il profetico titolo del singolo sembra suggerire?

Kings of Leon – Notion

I Followill non ne hanno sbagliata una. I fratelli Caleb, Jared e Nathan e il cuginetto Matthew hanno formato questa band nel 1999 a Nashville, Tennessee, ispirandosi a Leon, nome di battesimo di loro padre e di loro nonno. Sembrerebbe l’incipit della biografia di una setta, ma non è così. A 10 anni esatti dalla loro fondazione, hanno raggiunto l’apice della loro carriera grazie al singolo “Sex on Fire”: primi in Inghilterra, primi negli Stati Uniti, Grammy Award,  citazioni meritorie da parte di Elton John (il quale, almeno una volta l’anno, viene utilizzato dalla stampa per lanciare un nuovo artista da lui fortemente sponsorizzato: io mi adeguo al clichè). Alla terza hit da “Only by the Night”, quarto album che li ha resi star internazionali, e al nono singolo consecutivo finito in classifica, parlare di una band indie è un po’ come dire che Cassano è un giovane di belle speranze.

Kasabian – Where did all love go?

A proposito di band indie di successo (un piacevole ma fin troppo ricorrente ossimoro), ecco a voi I Kasabian. Già finiti in una precedente cinquina con la loro “Fire”, tornano con un pezzo molto orecchiabile, molto più pop che brit-pop e con più di un tocco di psichedelia. E’ proprio questo nuovo approccio alla forma canzone ad interessare di più: in fondo il mondo non ha bisogno di cloni degli Oasis (i quali, di loro, non sono mai stati originali). Nota di redazione: se vi chiedete perché il loro album si chiama “West ryder Pauper Lunatic Asylum” è perché la ridente città di Menston, a due passi da Leeds, ha ospitato per due secoli (fino al 2003) il “West riding pauper Lunatic Asylum”, un manicomio. Il “rider”, dunque, è colui che utilizza con piacere i servizi offerti dal centro psichiatrico. Va bene la ricerca del tocco psichedelico, ma non sarebbe stato più comodo chiamare un album “siamo pazzi?”

Arctic Monkeys – Crying Lightning

Con tutto il rispetto dovuto e meritato per le tre band succitate, loro sono meglio. Più giovani di me, talentuosi da far impressione (vi pare usuale che Alex Turner, frontman e cantante classe ‘86, si è già concesso il lusso di costruirsi un side project, i Last Shadow Puppets, le cui esibizioni dal vivo prevedevano un’orchestra con 70 elementi?), cool, abbastanza paraculi, inarrivabili dal punto di vista creativo. Vi invito a guardarvi l’artwork del singolo: io non ci ho capito niente, ma è sicuramente geniale: si dice così per i film di David Lynch, faremo così anche per le Scimmie. Il loro terzo album, Humbug, esce ad agosto. Ed esce prima in Giappone, poi in Europa. E’ prodotto da Josh Homme dei Queens of Stone Age, un altro genio, un altro pazzo. Alex Turner finirà spesso su Barilive, me lo sento.

Radiohead – Creep

Questa cinquina sul (finto) indie-rock si conclude con chi ha sdoganato questo (finto) genere musicale, oltre a dare la luce a nuove (vere) sperimentazioni con le chitarre e con l’elettronica. E anche con l’economia (qualcuno si ricorda com’è stato distribuito il loro ultimo album, “In rainbows”? Scaricabile legalmente dal web, il prezzo era stabilito a monte dall’utente, che poteva decidere anche di non pagarlo. Morale: hanno guadagnato come mai avevano fatto; l’Italia è stata la nazione più generosa). Quando ancora non smanettavano con veri miti e finti generi musicali, la band di Oxford faceva rock, un po’ come tutti gli illustri compagni di Top Five. Il ritornello di “Creep”, pur avendo più di 15 anni di vita, fa ancora venire i brividi. Veri.

“ci risentiamo per settembre”

23 Lug

E’ la frase dell’estate. Incomprensibile.

Sarà che non mi piace l’estate, che non mi è mai piaciuta l’estate, una stagione di enorme caldo, di riposo collettivo telecomandato e di apparente sospensione delle leggi morali, umane, civiche, gastriche.

Sarà che l’estate mi è sempre sembrato il momento in cui masse informi di persone (specie i miei coetanei) sfogavano tutto quello che le rigidità dell’inverno non avevano fanno sfogare loro.

Sarà che mi piace partire fuori stagione.

Sarà che mi piace lavorare mentre gli altri dormono, cazzeggiano, si divertono.

Sarà che il mondo è in crisi, l’Italia è in crisi e che in teoria non ci sarebbe nè il tempo nè i soldi nè il senso per spegnere tutto. A meno che non sia la crisi stessa a mandarti in vacanza. Ma quella, si sa, non è vacanza, è riposo forzato.

Proprio non capisco. Non capisco perchè ci si debba fermare tutti, e tutti insieme. Non capisco perchè chi è messo peggio degli altri (meno possibilità, meno soldi, meno età, meno esperienza) non debba sfruttare l’estate per recuperare quel gap. Per mettersi a lavorare. Per ragionare. Per costruire. E andare in vacanza ad ottobre, novembre, dicembre, mentre tutti sgomitano per arrivare in ufficio, mentre le città assumono le sembianze di città e non di parco divertimenti per turisti.E invece si sgomita ora, per seguire il flusso, per non spezzare le consuetudini, vero e grande freno al progresso (noi italiani, in questo, siamo particolarmente all’avanguardia).

Non capisco perchè si debba perdere un dodicesimo abbondante del potenziale di una nazione che paga la tredicesima e la quattordicesima ai più “meritevoli”.

Si parla tanto di partenze intelligenti, ma perchè siamo così stupidi nel gestire il nostro tempo, noi stessi?

Detto questo, dato che tutti mi vogliono risentire a settembre, io sorrido, saluto, me ne vado. Vado a mare, come tutti. Vado in vacanza, meno di tutti, ma spero più pienamente, regalandomi qualche immagine indelebile.

Ne ho bisogno come mai ne ho avuto in vita mia. La distanza tra energia fisica e mentale è giunta a livelli insostenibili, e in effetti saranno 2 anni circa che non mi fermo per davvero. Ho bisogno di dormire, di farmi delle botte da 12 ore, delle giornate da 20. In cui saluto, sbadiglio, pranzo, ceno, mi lavo i denti, e dormo. In continuazione.

Anche io ho bisogno di vacanza, se non lo ammettessi il mio ragionamento cadrebbe malamente nella categoria “fondamentalista”. Ma ne ho bisogno adesso perchè mi sono distrutto prima, non perchè è luglio, non perchè è agosto, non perchè è estate.

Ma non cambio vita, non spengo il cervello. Mi porto i libri dietro, insieme alle riviste minchione. Leggo Internazionale e il calcio-mercato. Lavoricchio, studiacchio, vivacchio, sbevucchio, mangiucchio. Distruggo la lingua italiana, se continuo con queste parole senza senso.

Non mollo di un centimetro. Va bene a tutti. Tanto voi non vi offendete, prima di settembre non avete intenzione di mettervi a parlare di cose serie.

top five – tracce di Italia Wave

23 Lug

Kraftwerk – Radioactivity

Era l’evento più atteso dell’intero festival, e non ha deluso le aspettative. Seguiti da un pubblico incredibilmente eterogeneo, i quattro tedeschi hanno deliziato il loro pubblico con il concerto che i loro fan si aspettavano. Tutti i classici, tutti i video storici a farla da padrona nelle scenografie (con grafiche anni ’80 che evocavano in automatico la Germania del Muro), tutti che si chiedevano se suonavano dal vivo oppure no, cosa diamine fanno durante il loro set, perché smanettano dietro quelle tastiere, se improvvisano, se non si sono un po’ annoiati, cosa faranno in futuro. L’anno prossimo si festeggia il quarantennale dalla loro fondazione. Ma sono sicuramente più di 40 le formazioni che ai Kraftwerk devono molto, quasi tutto. Se non avete mai visto un loro concerto andateci: sembra un collage di suoni di altre band dei giorni nostri. Con quarant’anni di anticipo, appunto.

Uochi Toki – il non illuminato

L’ItaliaWave (ex ArezzoWave) è uno dei festival italiani più longevi ed apprezzati. Quest’anno la crisi ha colpito anche il settore dei concerti, e dopo alcuni anni (e alcune vicissitudini climatiche di troppo), l’Heineken Jammin Festival è saltato, rendendo la quattro giorni toscana ancora più interessante ed attesa. Uno dei punti di forza di questo festival è la capacità degli organizzatori di offrire musica gratis per la stragrande maggioranza degli eventi. Quest’anno si è puntato su una diversificazione spinta di contesti e anche di orari. E così, in una tranquilla e calda domenica livornese, più o meno all’ora di pranzo, i Uochi Toki hanno lanciato le loro invettive sul pubblico inizialmente titubante, ma che poi si è lasciato travolgere da questo duo inopinatamente sconosciuto ai più.

Ricchi e Poveri – sarà perché ti amo

Che confusione. Marina Occhiena ha folgorato le menti edulcorate dei 3000 partecipanti all’Elettrowave, giunti al Palazzetto dello Sport di Livorno per ascoltare il dj-set di Soulwax e di Ellen Allien e impreparati dinanzi alla gloriosa citazione di un tempo che fu. I Ricchi e Poveri compaiono nel bel mezzo del set del duo belga Soulwax (che si trasforma in 2 Many Dj’s quando si tratta di selezioni musicali), con tanto di maxischermo e copertina con su scritto “N.1 en Italie”, a testimonianza dello straordinario successo europeo di questo brano del 1988. E mentre le menti edulcorate provano a riprendersi dallo stordimento, è già tempo di missaggio. E così i genovesi lasciano il posto all’Australia. A Sydney. Agli AC/DC. Sì, dai Ricchi e Poveri all’hard-rock.

Ska-P – intifada

La chiusura del festival livornese è stata affidata all’esplosiva band spagnola che, dopo aver terrorizzato i fan (caldissimi e devotissimi) per circa 2 anni, sono ritornati insieme non più di un anno fa. Chi ha visto un concerto degli Ska-P sa cosa aspettarsi, chi lo rivede sa perfettamente cosa succederà. Tecnicamente bravissimi, non altrettanto brillanti dal punto di vista creativo, forse bloccati da un genere che, pur piacevole, può mostrare qualche limite sulle lunghe distanze. L’ottetto di Madrid è però travolgente soprattutto nell’eloquio tra un brano e l’altro, quando ha l’occasione di arringare la folla con vere e proprie invettive da “sinistra radicale”. Come per questa “Intifada”, il cui titolo lascia ben poco spazio ai dubbi sugli argomenti trattati.

Jovanotti – Punto

Lui, all’ItaliaWave, non c’era, anche se non si suonava troppo lontano dalla sua Cortona. Ma, essendo d’accordo con chi teorizza che il trasferimento è parte integrante della bellezza di un viaggio, e poco importa se questo implica 8 ore (x2) e 800 km (x2) con 20 gradi (x2) e senza aria condizionata, non potevo non citare la canzone che più abbiamo ascoltato durante la traversata tra Puglia, Campania, Lazio e Toscana. Una canzone d’amore. E provate ad indovinare il nome della mia automobile…

avete una buona idea e vi ostacolano? Buon segno

23 Lug

Premessa: è un periodo rivoluzionario della nostra vita di baresi, di giovani, di italiani, di cittadini del mondo. O almeno, io ne fiuto l’aria.

Se siete d’accordo con la premessa, mi permetto di riportarvi integralmente un estratto dal libro di Clay Shirky, “uno per uno, tutti per tutti” – http://www.ibs.it/code/9788875781248/shirky-clay/per-uno-tutti.

L’autoconsapevolezza e l’autodifesa dei professionisti, qualità così preziose normalmente , diventano uno svantaggio nei periodi di grandi rivoluzioni, perchè i professionisti tendono a preoccuparsi di ciò che li minaccia. Nella maggior parte dei casi, tali minacce si estendono alla società: nessuno desidererebbe un abbassamento degli standard per diventare chirurgo o pilota.

Ma in alcuni casi il cambiamento che minaccia una professione va a beneficio della società, esattamente com’è accaduto con la stampa: anche in queste situazioni, tuttavia, i professionisti impostano una strategia di risposta più sull’autodifesa che sul progresso. E quel che era nato come servizio diventa un handicap.

La maggior parte delle organizzazioni è convinta di avere molta più libertà di azione e capacità di cambiare il futuro di quelle di cui in realtà dispone; poste di fronte a un sistema che cambia in modi che non possono controllare sono colte dall’ansia, anche se il cambiamento è un beneficio per l’intera società.

Perciò, quando vi sentite ostacolati senza motivo, vuol dire che state andando bene. Continuate, senza pietà :)

top five – g5, musica emergente

13 Lug

Monkey – Heavenly Peach Banquet (Cina)

Direttamente dal sedicesimo secolo, e precisamente dalla novella “Viaggio verso Occidente”, una delle opere più importanti della letteratura cinese, ecco a voi i Monkey. La storia racconta del viaggio di un monaco buddista in India. Quattro secoli e molti strumenti musicali dopo, quest’opera rinasce tra le mani di Wu’Cheng’en, Damon Albarn, cantante dei Blur, fondatore dei Gorillaz, grandissimo appassionato di musica popolare, e Jamie Hawlett, che con Albarn aveva condiviso una parte di percorso artistico disegnando il primo non-gruppo della storia: i Gorillaz, appunto. Dall’opera è stato tratto un album che mescola tradizione (i testi sono cantanti in lingua originale) e sperimentazione e che ha fatto risaltare questa “Heavenly Peach Banquet”, canzone ufficiale della BBC per le Olimpiadi di Pechino 2008. La Cina è vicina, davvero.

Tom Jobim ed Elis Regina – Aguas de março (Brasile)

Senza stare troppo a girarci attorno, stiamo parlando di un capolavoro. Entrerebbe in qualunque classifica delle migliori canzoni di sempre e probabilmente è il miglior brano mai realizzato in Brasile. Questo video in presa diretta racconta di un’unità e di un’intimità che rende immortale questa composizione del 1972. Nel frattempo il Brasile ha un presidente che viene dalle fabbriche, che è riuscito a farsi rieleggere e che ha raggiunto l’indipendenza energetica per il suo paese. Ora c’è la dura, durissima lotta per la riduzione delle disuguaglianze sociali. Ma da Lula, che ha nominato Gilberto Gil come ministro della cultura, a testimonianza dell’importanza storica e simbolica della tradizione musicale incarnata da questa “Aguas de Marco”, ci possiamo aspettare grandi cose, ancora una volta.

Lata Mangeshkar – wa na tod (India):

Dedicate un pomeriggio alla musica indiana. E’ verosimile che alcuni di voi non riescano a superare i 10 minuti di sopportazione, ma chi riesce a resistere scoprirà un mondo meraviglioso, fatto di sitar, di percussioni e di performances incredibili. Spesso il destino della musica indiana si è fuso con quello altrettanto affascinante di Bollywood. La testimonianza di ciò è l’ottuagenaria Lata Mangeshkar, “una delle migliori cantanti in playback della musica indiana”. La dicitura non deve trarre però in inganno: Lata canta, e canta bene, dal 1949. A coronamento della carriera c’è questa Wa Na Tod, finita nella colonna sonora di “Se mi lasci ti cancello” (2004). 5 anni dopo, è Hollywood che sembra inseguire l’India, dopo un secolo di dominazione culturale.

Titan – 1,2,3,4 (Messico)

Questo trio messicano semisconosciuto si è rivelato con questo brano del 2000, ha guadagnato un po’ di fama anche a causa di un video stralunato. In Italia ha avuto ancora più visibilità, poichè è finito tra i vari jingle del programma “Le Iene” ; un format che, nel suo periodo di gloria, riusciva a trasformare la sua musica d’accompagnamento in canzoni cult. Nel frattempo il Messico appare come il paese emergente maggiormente in difficoltà in questa fase di recessione globale: la sua economia, infatti, è fortemente condizionata dal rapporto con gli Stati Uniti. I Titan non se la passano meglio: questa “1,2,3,4” è a tutti gli effetti una One Hit Wonder (espressione usata per indicare l’unica canzone di successo di un musicista, che poi scompare subito dopo).

Chris Chameleon – Groet (Sud Africa)

E’ bello vedere una nazione africana tra quelle emergenti. Certo, il Sud Africa è uno Stato atipico da questo punto di vista. Paradossalmente è molto più vicina al continente nero di quanto non lo fosse 10 o 15 anni fa. Il suo Presidente è di colore, Mandela ha vinto la sua battaglia dopo 27 anni di carcere, l’apartheid è una parola lontana, finalmente. Ma per non dimenticare il passato coloniale, va citato il musicista forse più popolare nel paese che ospiterà i Mondiali di Calcio del 2010: Chris Chamaleon. Lui canta in olandese, Probabilmente canta ai ricchi, ai bianchi. Ma chissà, forse è un’icona nazionale. E un simbolo d’integrazione.

EmiLab – mi (s)bilancio

10 Lug

Dovevo scrivere questo post un mese fa.

Poi mi hanno detto che per 700 voti mancanti dovevo lavorare altri 14 giorni. E così ho aspettato.

Poi abbiamo vinto 60 a 40, e festeggiare era importante, troppo importante. E così ho aspettato.

Poi mi sono reso conto che la gestione di una vittoria è ben più complessa della gestione di una sconfitta, in termini di ambizioni, aspettative, desiderio di riconoscimento, depressione post-elettorale, ansia, sindrome da abbandono, paura che siamo stati tutti spremuti, usati, gettati.Una paura che mi è stato chiesto di placare pur non avendone i mezzi.

E così, ho aspettato. Fino ad ora. Consapevole che quello che scrivo potrebbe avere effetti collaterali anche gravi, e che intorno a me non leggo persone influenti sbilanciarsi, e credo che non lo facciano perchè non conviene farlo. Io scrivo lo stesso. Magari divento non influente. Magari mi fanno fuori. E sarebbe anche ora.

Dino

Ho vinto la campagna elettorale.

Emiliano è il primo sindaco in Italia su Facebook. Tutti parlano di EmiLab. Anche Michele, che per mesi non ha mai manifestato il minimo segnale di approvazione per ciò che facevo (“perdi tempo ai pc”, “sei uno scienziato”, “il mondo non si riduce alle comunità virtuali”), ha dovuto ammettere, il giorno in cui quel 60 percento si è manifestato, che “su Internet li abbiamo distrutti”.

Ho guadagnato meno di 3 euro all’ora. Ho dimenticato il sabato e la domenica. Per diversi mesi non sapevo cosa volesse dire dormire 8 ore. Mi è tornato l’amore di casa, dato che casa non so nemmeno più com’è fatta. Ho tenuto duro. Ho subìto attacchi personali. Ho dovuto non contraccambiare. In campagna elettorale non si fa la guerra ai tuoi amici.

Sono riuscito a mettere insieme tanti bravissimi ragazzi, tutti innamorati di una città che non sempre li saprà ricambiare. Ho dato speranza a una generazione che non aveva nemmeno più voglia di sentir parlare di futuro. L’ho fatto senza chiedere niente in cambio. Non mi aspettavo e non mi aspetto posti in Comune, stipendi milionari, favori personali. In verità, non mi aspetto nemmeno un qualche credito di riconoscenza. Ma capisco chi la pensa diversamente da me.

Ho dimostrato a me stesso che non c’è bisogno di andare via da Bari per fare ciò che si sogna. Ho dimostrato alla città di Bari che questo è possibile. Ho dimostrato a chi non vuole che certe cose siano possibili, che adesso converrà che si difendano da un’ondata di gente che non ha poltrone da dover riempire, ha molta fame e non vuole guardare in faccia a nessuno. E che non si commuoverà se dovrete essere travolti.

Ho saldato il mio debito di riconoscenza verso la mia città. Se mai dovessi lasciarla, non sarà per vigliaccheria o per convinzione che Bari non sia in grado di offrirmi ciò che voglio, ma solo per crescere. Voglio invecchiare a Bari. La voglio migliorare. Voglio che quello che sta succedendo in Puglia possa servire a tutta l’Italia. Ci vorranno vent’anni di lavoro, sempre così, sempre sotto lo schiaffo. Di notte, di giorno, dritti, storti.

I soldi non ci saranno quasi mai. Si tratterà di non perdere la testa, di non lavorare per i soldi ma per una comunità, per i nostri sogni. Sì, lo so che è un concetto abusato, lo so che c’è stato il ’68 e mo stanno tutti sulle barche, lo so che dopo Emiliano nel 2004 e Vendola nel 2005 dico cose che sono poco credibili. Lo so. Pensate che mi scoraggi?

Perderò molti amici, altri ne troverò. Difficile che ne ritrovi qualcuno: sarò sempre diffidente verso i cavalli di ritorno. Chi ha deciso che non valevo un cazzo, si dovrà pentire. Chi mi ha tradito, ha già deciso.

Spero che la mia donna possa sempre capirmi, sostenermi, aiutarmi. Spero che la mia donna possa credere che la mia priorità non sarà mai il lavoro, per quanto non ho nessuna intenzione di rinunciare ai miei progetti. Io, però, dovrò sempre meritarmi questo credito di fiducia e dovrò sempre baciare la terra se la mia donna sarà così leale con me.

Sono diventato sociopatico. Le relazioni individuali che ho dovuto gestire sono state troppe. Ora amo i gruppi ristretti, le conversazioni fitte, che non parlino di cose inutili. Mi piace costruire, il gossip mi ha sfasciato i coglioni. Quello su di me non lo immagino nemmeno. Mi sono abituato alla sovraesposizione mediatica, molto meno al fatto che la gente spesso faccia finta di dimenticarsi che ho 25 anni, come loro, che mi guardano, e chiedono. Sempre.

EmiLab è il futuro

Diventerò molto più duro e molto più severo di quanto non lo sia mai stato. Ora conosco Bari in ogni angolo. Conosco la mia generazione. Conosco chi mi sta vicino. Uno ad uno. So il valore di ognuno. So quanto ognuno dei ragazzi vale  oggi, so quanto può valere domani. So come posso motivarli. Conosco le loro paure. Conosco chi cercherà di perdere sempre per paura di vincere. Saprò distinguere chi vende fumo da chi sa lavorare, perchè vi ho guardato, vi ho guardato tutti, negli occhi.

Avrò sempre paura della rabbia delle persone, del sentimento di vendetta, dei comportamenti mossi dalla paura, dell’ingordigia, dell’egoismo, del fatto che non a tutti interessa mettere il gruppo davanti alle proprie motivazioni. Avrò paura dei soldi nella misura in cui i soldi possono dividerci, in cui i soldi diventano il motivo per stare insieme, in cui i soldi ti fanno perdere i treni. Se sto dove sto, è perchè dei soldi me ne sono sempre fottuto. Se volete un insegnamento dal vostro “capo”, prendetevi questo.

Ora sono volontario, come tutti. E mi impegnerò come tutti. Non un briciolo di più. Non voglio comandare, non per tutta la vita, non senza mandato. In questi mesi l’ho fatto perchè era giusto così. Ho imparato a fare il capo, non so se sarò mai un leader, non sono carismatico, non so dare ordini. Temo che a nessuno sia interessato davvero il mio pensiero, ascoltarlo, farne tesoro. Serviva una guida, non un’opinione di un amico. Serviva uno che risolve i problemi, uno che ti da il contatto, che ti gira il lavoro, che sta in ufficio a qualsiasi ora. Dimostratemi che mi stavo sbagliando.

Farò di tutto perchè tutti possano trovare una ragione per stare insieme. Ma non inseguirò nessuno, più nessuno. Voglio che il gruppo si espanda, voglio che abbia il coraggio di mettersi di traverso, voglio che abbia il coraggio di morire di fame, voglio che sappia arricchirsi con furbizia e senza prevaricare nessuno. Voglio la cattiveria nei confronti di chi pensa di poterci sfruttare. Voglio sputtanare tutti quelli che lavorano male. Voglio che EmiLab abbia il coraggio di darsi un nome nuovo ed un volto ancora più nuovo. Voglio essere il primo in Italia a fare qualcosa, ancora una volta, stavolta non da solo.

Voglio che tutti la pensino così. Voglio che chi non la pensa così abbia il coraggio di dirmelo in faccia. Voglio che chi non sta bene con me me lo dica, e che mi mandi a fanculo se è necessario. Voglio sapere se sono un invasato. Voglio che chi lavora decide, e chi non lavora abbia rispetto per il lavoro degli altri e non pontifichi. Voglio che tutti siano riconoscenti con tutti per quello che abbiamo fatto. Perchè se non ci fossimo stati noi, adesso non staremmo nemmeno a parlare di futuro.

Sono tra i più bravi tra i 150-200 ragazzi che con alterne vicende si sono affacciati a questa esperienza. Per alcuni è durata 10 minuti, per altri un mese, per altri 6, per altri durerà per tutta la vita. Troppo spesso ho visto persone togliere il disturbo senza nemmeno dire ciao, senza nemmeno lamentarsi, senza nemmeno spiegare e spiegarsi. Questa è maleducazione, non è essere delusi.

Ho visto troppa gente criticare senza contenuti. Ho visto un gruppo capace di fare cose strepitose in 10 minuti. Ora voglio vedere solo la seconda parte.

Dino ->

Non lavorerò per nessuna persona o azienda che mi vincolerà a sè.

Non sarò socio di nessuna società fino a quando il mio amore per il mondo non farà spazio all’amore per la stabilità, magari per un figlio, per qualcosa che mi porterà a diventare meno nomade mentalmente. Se qualche EmiLabbo vuole fondare corporazioni o gruppi ristretti, non ci sarò mai. Nella misura in cui il gruppo sarà leale con me. E se non sarà leale con me, me ne andrò. Spiegando per filo e per segno.

Non lavorerò in esclusiva per nessuno. Voglio fare 5 o 6 lavori contemporaneamente, e tenermi libero di prendermi un anno sabbatico o di andare a mare di lunedì pomeriggio o di mercoledì, al tramonto, giusto per andare a fare l’amore in qualche caletta mentre le zanzare ti succhiano pure il midollo.

Voglio che la gente rispetti il mio, il nostro lavoro. Voglio i preventivi controfirmati. Voglio sudare e voglio fare tardi la sera. Voglio mangiare in modo irregolare, accontentarmi delle patatine al Gabbiano ma voglio anche finire dentro ad un ristorante stellato Michelin. Voglio tenere i bermuda e le t-shirt anche davanti ai grandi del mondo.

Voglio che la gente torni ad avere speranza, voglio uccidere il qualunquismo, voglio che tutti noi ci rendiamo conto che il mondo, le masse, le grandi questioni che ci regolano, dipendono sempre e solo dalle attitudini psicologiche di ciascuno di noi. E che, quindi, saper gestire il mondo vuol dire saper gestire i sogni di ognuno.

Voglio lavorare gratis per le cose in cui credo, anche per tutta la vita se necessario. I soldi bastano per campare, con una Porsche non credo di poter cambiare il mondo, al massimo posso trascinarmi più velocemente da un posto all’altro.

Mi fanno vomitare i discorsi arrivisti, anche di chi, tra di noi, batte cassa. La gavetta è una cosa seria, amici miei. Lavoro gratis da sempre o quasi, e quando non lavoro gratis lavoro sottopagato. Non mi sono mai lamentato, e non mi lamenterò mai.  Se si vuole cambiare il mondo si dovrebbe ragionare così, se si vuole cambiare solo la propria vita, è giusto lamentarsi.

Ora voglio chiudere qua, ma credo che scriverò ancora. Ho parlato tanto, ma la verità è che sono stato zitto per tutti questi mesi.

l’EP del ballottaggio

3 Lug

1. La Roux – bulletproof

2. Florence and the Machine – rabbit heart (raise it up)

3. David Guetta feat. Kelly Rowland – when love takes over

4. Alborosie – Jah jah crown

5. Little boots – new in town

Oggi masterizzo il cd con la quindicina e lo porto ad EmiLab, chi vorrà lo masterizzerà al volo :)