Fotografia dell’8 marzo 2014 – Rosaria

8 Mar

Ciao Rosaria, volevo dirti grazie.
Volevo dirti grazie per l’abbraccio di stamattina. Per quel minuto passato insieme. Per quello che ci siamo detti.
Volevo dirti grazie perché sei venuta tu da me, perché mi hai riconosciuto nonostante non avessi gli occhiali (ma la miopia posso nasconderla con le lenti a contatto, la barba proprio no). E hai deciso di dedicarmi il tuo tempo. La tua voce. La tua emozione.

Per pudore non sono riuscito a raccontarti cosa ho dovuto combinare per essere lì, sul campo di gioco, oggi. Continuerò a non raccontarlo nel dettaglio, perché mi trovo sempre più noioso quando parlo di me stesso. Ma tu devi assolutamente sapere che ognuno di noi, nel suo piccolo, ha scombinato piani, progetti, priorità. È giusto che tu senta l’affetto di tutti, è giusto che ognuno di noi faccia la sua parte per provare a scaldare il tuo cuore e quello di tuo marito. Accanto a noi, in una mattinata di sole bellissimo, c’era la vita di Giangi, nei volti e nei meravigliosi sorrisi di chi gli ha voluto e gli vorrà sempre bene. C’erano quattro squadre di calcetto che ogni anno si incontreranno per ricordarlo, perché non potrebbe essere diversamente. Perché siamo felici, davvero, di farlo.

Per pudore non ti ho nemmeno raccontato che anche la mia famiglia ha vissuto il tuo stesso dolore. E so che non se ne va più.
Quando è successo a noi, ho reagito d’istinto: sono andato ad abbracciare chi non si reggeva in piedi. Sono andato ad aiutare le persone che avevano bisogno d’aiuto. Ho pianto pochissimo, perché bisognava pensare agli altri, a chi doveva continuare a vivere una vita che da quel momento in poi sarebbe cambiata per sempre. Non so dirti se sia una reazione normale, non mi sono mai davvero posto il problema. Quando è successo a Giangi ho avuto la stessa identica reazione. Entrambi mi hanno insegnato una cosa fondamentale: vivere la vita pienamente è l’unica via per la felicità. Per questo a loro sarò grato, per sempre.

Volevo dirti grazie per due motivi. Primo, perché hai dimostrato di conoscermi più di tante persone che frequento, e che credono di conoscermi più di quanto effettivamente non sia. Mi conosci perché segui ciò che faccio, e perché il tuo istinto materno è stato capace di arrivare dove io ho deciso di non far entrare quasi nessuno. Hai capito che sto andando oltre le mie possibilità, che potrei crollare da un momento all’altro. Ma hai anche capito che non è il momento di fare calcoli. Nessuno può sapere meglio di te quanto la vita sia preziosa. Da oggi so che se crollerò tu ci sarai. Allora posso continuare a spingere sull’acceleratore.

Ma soprattutto volevo dirti grazie per una cosa apparentemente piccola, ma per me fondamentale. Mi hai confidato che leggi tutte le pagelle che scrivo per la mia squadra di calcetto. Per due anni avevo smesso di farlo, travolto dal lavoro. Quest’anno ho deciso di ricominciare, anche se lavoro ancora di più di prima. Ed è successo per due motivi. Primo, quest’anno lo spogliatoio è bellissimo, ci divertiamo, giochiamo persino bene. Secondo, perché sto scoprendo di essere terrorizzato all’idea di dimenticarmi delle mie radici mentre cresco nella vita e nel lavoro. Sarebbe un tradimento che non mi perdonerei. Forse è per quello che resto cocciutamente a Bari, e cerco di non modificare le mie consuetudini. Per quello cerco di restare umano. Le pagelle sono il mio modo di non prendermi mai sul serio, di mostrare un piccolo segnale di attenzione ai miei amici. Sempre più spesso capita di rinunciare a scrivere altre cose apparentemente più importanti pur di non mancare questa consuetudine. Ora che mi hai detto che le pagelle ti fanno sorridere, ti fanno sentire lì con noi, mi hai dato la certezza che ho fatto la scelta giusta, e che devo continuare, e che devo provare a non perdere più questa abitudine. Mi hai dato la certezza che ho senso solo se resto attaccato alle mie radici.

Non sono stato uno dei migliori amici di Giangi, lo conoscevo meno di tanti altri. In generale credo di non essere l’amico ideale di nessuno. Ho un pessimo carattere e una peggiorante (per me migliorante, è questo il problema) attitudine alla solitudine. Volevo dirti grazie anche per quello. Perché forse quell’abbraccio non me lo merito, eppure tu me lo hai dato, e mi hai cambiato la giornata. Anzi, hai fatto molto di più.

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