Il mio gatto fa quello che io vorrei fare, ma con meno letteratura.
(Ennio Flaiano)
(Ennio Flaiano)
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(Arthur Cravan)
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Da oggi sono socio ad honorem di un’associazione letteraria. Si chiama Globeglotter, ha sede a Trinitapoli, è attiva tutto l’anno e da dodici anni organizza un appuntamento annuale che si chiama “Libriamo” (quest’anno accade tutto nel prossimo weekend, in giro per la Puglia).
Motivazione della scelta: ho legato indissolubilmente la mia esperienza professionale e personale a quella della associazione.
Proforma lavora con Globeglotter già da tre anni, quindi sono stato certamente favorito da questa congiuntura. Ma mi piace pensare che questo riconoscimento non sia semplicemente la conseguenza della mia quotidianità basata sul battere compulsivamente le dita sulla tastiera per produrre contenuti.
Qualche settimana fa Antonietta e Rosa, le anime di Globeglotter, due persone che vorrei presentare a tutto il mondo per la dedizione con cui si applicano tutti i giorni per tenere viva la luce della cultura in una zona del mondo certamente non troppo permeabile a questo genere di sforzi, mi hanno fatto una proposta ancora più sorprendente: prendere parte alla giuria del concorso annuale ‘Rifiniscila’. I partecipanti inventano una pagina finale alternativa di tre libri per immaginare una soluzione diversa. A me, e agli altri giurati, spetta il compito di valutare questi finali.
Vi racconto questa storia perché tutto questo mi sembra più grande di me. Sono un grande lettore, ma non nel senso classico del termine. Leggo tante notizie di attualità, tanti giornali, tante cose inutili. Ma con i libri ho un rapporto piuttosto disastroso. Non leggo romanzi da sempre, leggo quasi solo saggi di economia, sociologia, processi organizzativi. Sono fottutamente ignorante e ondeggio su un presunto equilibrio intellettuale/intellettivo riempiendo questo blog di citazioni altissime (e non solo) prese da libri che non ho mai letto (la qual cosa mi ha causato anche accese critiche da parte dei miei amici più colti. Non vi nascondo che ho pensato proprio a loro per primi quando ho saputo che qualcuno mi attribuiva la decenza di essere un giurato di un concorso letterario).
Quest’estate qualcosa è cambiato, seppur provvisoriamente. Ho interrotto le mie abitudini per lanciarmi su Christopher Hitchens. Prima ‘Consigli a un giovane ribelle’, poi le 527 pagine di autobiografia di Hitch 22, con una prefazione pazzesca scritta in punto di morte (Hitch è morto di tumore all’esofago nel dicembre 2011, poco più di un anno dopo aver saputo della malattia).
La sensazione, che non voglio provare ad approfondire sia per pudore che per necessità di ulteriore elaborazione, è che questo passaggio mi abbia preso in contropiede. Perché ho scoperto che si può imparare da un romanzo quanto da un saggio. Perché le cose che credo di aver imparato da Hitch sono state tante e valgono doppio perché in molti casi si nascondevano nelle pieghe di righe che, invece, non condividevo affatto .
Ma soprattutto perché Hitch mi ha permesso di fare la pace con molti miei difetti caratteriali, che credo siano tanti, in alcuni caso persino invalidanti nelle relazioni sociali, nelle prospettive professionali, nella percezione esterna che posso dare di me.
Tornerò a leggere saggi, anche se Gramsci chiede attenzione, oggi come non mai. Però so che cambiare strada mi ha fatto bene, so che lo vorrò fare ancora, e mi piace pensare che pur non essendoci alcuna correlazione visibile tra il mio cambio di abitudine e i tributi di Globeglotter, ci sia una matrice comune: il gusto invincibile della scoperta dei propri limiti e delle altrui potenzialità.
Rosa e Antonietta mi avevano chiesto di scrivere una piccola frase con cui commentare il (doppio) riconoscimento. Mi sono un po’ allargato. Spero non dispiaccia loro.
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(Joseph Roux)
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