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Essere miti

1 Mar

Vorrei capire bene che cosa si intende con “mitezza”.
La parola è troppo grande per farne un uso ambiguo o sommario.
Mi spiego, la parola è alta.
Ma oggi per me è una parola conflittuale, e in fondo lo è anche nel Vangelo.
La mitezza mi pare del tutto estranea al mondo che ho di fronte.
Il simbolo incarnato di questo mondo
è la violenza.
E l’ideologia di questo mondo: è la forza, l’osanna per chi vince.
Essere “miti” significa essere in discordia profonda con questo mondo e dunque domanda una radicalità, non un contemperamento e una moderazione.
Non una “normalità”, ma un sentirsi acutamente anormali rispetto a questo ordine così violento e selvaggio, in cui impera la supremazia onnivora del profitto.

(Pietro Ingrao)

Ti fermi e ti accorgi

28 Giu

Tu sali sul palco, hai dinnanzi, come ce le ho avute, piazze piene di gente. È un po’ una sceneggiata, un atto teatrale: i saluti, la presentazione, gli evviva, le bandiere. Tutto questo, però, è come l’involucro. Poi comincia una cosa molto più difficile e profonda: tu che stai là sopra riuscirai a comunicare veramente? Lo scopri solo se c’è un momento, del comizio, del tuo discorso, in cui senti che ti puoi fermare, senza nemmeno finire la frase. Ti fermi e ti accorgi che la piazza non si muove perché aspetta il seguito della tua frase. Se in quel momento ti accorgi che ti puoi fermare, bere un bicchiere d’acqua, soffiarti il naso o non fare nulla, e la piazza sta ferma a sentire, allora vuol dire che si è creato un filo, una comunicazione, un legame, tanto forte quanto impalpabile, tra te e le persone.

(Pietro Ingrao)

Che offenda l’avversario

31 Mar

Qualsiasi linguaggio che offenda l’avversario è inaccettabile.

(Pietro Ingrao)